"Perchè le parole cambiano quando cambia la vita. Anzi le parole cambiano insieme alla vita e vanno a significare tragedia e commedia di quello che vivi tu, ora, e non altri, prima." (Tratto da Le parole non le portano le cicogne - Roberto Vecchioni)
Leggo un libro, imparo.
Prendo spunto per riflettere.
Raccogliamo parole, ne impariamo di nuove, arricchiamo il nostro modo di esprimerci e di definire quello che sentiamo, che percepiamo. Organizzando un pensiero scegliamo con cura tutti i vocaboli, mai casuali; coloriamo un discorso lasciando trasparire le nostre emozioni.
Perchè le parole sono quello che siamo, raccontano la nostra storia.
E se anche le parole avessero una storia?
Oggi gioco.
Faccio qualcosa di diverso.
Guardo il vocabolario.
Le parole hanno una lunga storia quella che si chiama etimologia; prima di arrivare ai nostri pensieri hanno fatto lunghi viaggi, si sono mescolate, si sono influenzate a vicenda, qualcuna è stata dimenticata, qualcuna aveva un significato diverso.
E così scopro che la nostra amata Colazione arriva dal latino "Collà tus "il cui verbo è "Cònfero" (portare insieme) altro non era che una cena fatta da più persone, nella quale ciascun commensale "conferiva" la parte sua.
E biscotto è formato da "Bis" (due volte) e "Còctus" (cotto), era un pane cotto due volte.
Che la Fotografia è letteralmente "l'arte di disegnare le immagini con la luce" dal greco "Photos" (luce) e "Graphia " (disegno), perchè la luce reagendo con le sostanze chimiche della carta o del vetro, vi disegnava le immagini.
Che quello che noi chiamiamo Pensiero, per i latini era il "Pènsum", ovvero la quantità di lana assegnata alle Ancellae pensiles, le schiavi filatrici, con il compito di trattarla. Il pènsum era un tema da trattare, elaborare.
Che desiderare deriva da "de" e "siderare" e i "sidera" sono le stelle, per cui desiderare voleva dire fissare attentamente le stelle, ed ecco perchè oggi quando esprimiamo desideri guardiamo un cielo stellato.
E un foglio su cui oggi appuntiamo le nostre parole, deriva dal latino "fòlium" (foglia) e si riferiva all'uso del papiro come carta da scrivere.
Così mentre sforno delle Margherite, sorrido, perchè è una parola che arriva da varie lingue, che è anche sinonimo di perla, di gemma di pianta e di raggio di luce, di splendore.
Sono il mio saluto alla Primavera, dal latino "primus" (primo) e "ver" la cui radice deriva dal sanscrito "vas" che vuol dire ardere, splendere, illuminare, da qui la stagione splendida.
Margheritine di frolla e marmellata
(per circa 12 margheritine)
300 gr di farina 00
125 gr di burro a temperatura ambiente
100 gr di zucchero semolato
1 uovo intero
1 cucchiaio di latte
2 cucchiaini scarsi di lievito per dolci
scorza grattuggiata di arancio
marmellata a piacere per farcire (per me Fiordifrutta Corniole di Rigoni di Asiago)
(1 tuorlo + 1 goccio di latte) da spennellare sulla frolla
zucchero di canna per decorare
Preparazione:
Preparate la frolla aggiungendo la farina, il lievito e lo zucchero semolato, la scorza grattuggiata di arancio e un uovo intero, impastate leggermente, aggiungete il burro a temperatura ambiente tagliato a tocchetti, e un cucchiaio di latte. Impastate velocemente la frolla, avvolgete il panetto nella pellicola trasparente e trasferite in frigorifero per 30 minuti.
Stendete la frolla sp. 3/4 mm e ricavate dei dischetti, metà per la parte inferiore e metà con un buco al centro per la parte superiore delle margheritine. Sui dischetti della parte inferiore appoggiate uno stecchino di legno, premendo leggermente, poi aggiungete al centro un cucchiaino abbondante di marmellata e sovrapponete il secondo dischetto con il buco. Con i rebbi della forchetta richiudete bene schiacciando leggermente all'esterno. Spennellate la frolla con un tuorlo e un goccio di latte, fate cadere sui fiori un po' di zucchero di canna. Cuocete in forno a 180° per circa 20 minuti e fino a doratura.
Con questa ricetta collaboriamo con